sacks, zio tungsteno by [.]

autore:. [.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-04T23:00:00+00:00

Da bambino avevo l'impressione che nella nostra casa la musica fosse dappertutto. Avevamo due Bechstein, uno verticale e l'altro a coda, e talvolta venivano suonati contemporaneamente, per non parlare del flauto di David e del clarinetto di Marcus. In quei momenti la casa era un vero e proprio acquario di suoni, e mentre camminavo mi accorgevo ora di uno strumento, ora di un altro (curiosamente, le loro diverse voci non parevano in conflitto; il mio orecchio, la mia attenzione, erano sempre in grado di selezionarne uno piuttosto che l'altro).

Mia madre non aveva un'inclinazione musicale così spiccata come il resto della famiglia; ciò nondimeno era appassionata di Brahms e dei "Lieder" di Schubert, e a volte li cantava, mentre mio padre l'accompagnava al piano. Era particolarmente innamorata di "Nachtgesang" di Schubert, che cantava con voce dolce, leggermente stonata: questo è uno dei miei primissimi ricordi (non ho mai saputo che cosa significassero le parole, ma il canto mi colpiva in modo strano). Ancora oggi non posso ascoltarlo senza che mi tornino alla memoria, con una nitidezza quasi insostenibile, il nostro salotto, così com era allora, e la figura e la voce della mamma china sul piano mentre cantava.

Mio padre viceversa era un tipo molto musicale, e di ritorno dai concerti si metteva a suonare gran parte del programma a orecchio, interpretando i vari brani in chiavi diverse, giocando con essi in vario modo. Nel suo amore per la musica era onnivoro, e gli piacevano il music hall come i concerti da camera, Gilbert e Sullivan come Monteverdi. Amava in modo particolare i canti della Grande Guerra, e li intonava con una voce tonante da basso. Aveva una grande biblioteca di spartiti in piccolo formato, e sembrava averne sempre un paio in tasca (di solito, anzi, andava a letto con uno spartito, oppure con il dizionario dei temi musicali che in seguito io stesso gli regalai in occasione di un compleanno).

Sebbene mio padre avesse studiato con un famoso pianista, e si lanciasse sempre alla tastiera dell'uno o dell'altro pianoforte, le sue dita erano così grosse e tozze che non prendevano bene i tasti e quindi di solito si accontentava di eseguire dei frammenti impressionistici. Tuttavia desiderava che noialtri suonassimo e ci prese un brillante maestro di pianoforte, Francesco Ticciati.

Ticciati faceva esercitare Marcus e David su Bach e Scarlatti, mettendoci una gran convinzione, passione e severità (Michael e io, più piccoli, suonavamo i duetti di Diabelli), e a volte, se non riuscivano a fare le cose per bene, lo sentivo colpire energicamente il piano gridando «No! No! No!» in preda all'esasperazione. Capitava allora che si sedesse lui stesso al piano e si mettesse a suonare, e fu lì che improvvisamente capii che cosa fosse la "maestria". Ticciati istillò in noi l'amore per Bach e per la struttura nascosta di una fuga. Mi raccontarono che all'età di cinque anni, quando mi fu chiesto quali cose mi piacessero di più, io risposi «il salmone affumicato e Bach». (Oggi, sessant'anni dopo, la mia risposta sarebbe la stessa).

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